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Non è possibile descrivere le sofferenze dei tre santi personaggi in si lungo e disagevole viaggio. Si può appena immaginare lo strazio dei genitori nel vedere la, loro amabile fanciulla sotto il peso delle catene, coperta, di polvere, bagnata di sudore e di sangue, vicina a svenire di fatica e di fame. E come descrivere la pena di Domenica vedendo il padre e la madre curvi e cascanti, macilenti e pallidi, quasi affranti dai patimenti! Che forza dovette fare ciascuno a se stesso per nascondere agli altri le proprio sofferenze!
Sono frustati nei crocicchi della città
Se Doroteo ed Arsenia confortavamo la figlia ricordandole che le pene si sarebbero convertite in gioie, ed avrebbe lassù goduto il sospirato premio celeste, Domenica colla, confortante grazia di vergine, sosteneva le loro speranze, assicurando che non avrebbe temuto nè lo sguardo dell'Imperatore, né l'atrocità dei tormenti e neppure il patibolo.
Dinanzi a Diocleziano. Giunti a Nola furono rinchiusi in oscura ed umida prigione, in attesa del loro turno per comparire dinanzi a Diocleziano. Dopo qualche tempo di aspettativa, venne la volta della famiglia, di Domenica. I tre accusati furono introdotti nel pretorio stipato di popolo sempre avido di selvagge emozioni, e presentati al Giudice. Gli sguardi degli spettatori si fermano subito sopra l'avvenente quindicenne Domenica. Un sentimento di trepidazione invade tutti gli astanti e al generale mormorio succede un sepolcrale silenzio. Contro l'aspettazione di tutti, il Giudice, celata ogni severità, accoglie i tre accusati col sorriso . sulle labbra e nella maniera più lusinghevole rivolto a Domenica così le parla: « Senti figliuola: come mai tu, di sì nobili natali, di tanto ingegno e così avvenente, ti sei lasciata indurre a farti cristiana, seguace di un povero galileo appartenente ad un popolo spregiato ed orinai disperso e che fu fatto morire in pena della sua ribellione a Cesare sopra una disonorata croce? A lui contrapponi la maestà degli dei, dinanzi ai quali, anche questa mia destra, che fa tremare il mondo, brucia l'incenso? Smetti, Domenica, queste tue superstizioni nocive all'impero ed io t'accetterò come figliola; penserò a cercarti un degno sposo e a prepararti una vita felice. Se invece vuoi proprio ostinarti nella tua stolta religione dovrai provare la tremenda ira di Cesare. Scegli dunque, da saggia e prudente ». L'impavida Domenica, in mezzo ai genitori, ascoltò imperterrita, queste parole prima seducenti e poi minacciose, e con fare spigliato rispose : « Non accadrà mai, o Sire, elio tu mi persuada, a rinnegare la fede del mio Dio Gesù Cristo, Redentore del mondo; non avverrà giammai che io abbandoni il mio amante Signore, che è il solo vero Dio, per bruciare gli incensi agli dei falsi e bugiardi. Dello sposo non mi dò più pensiero, perché l'ho già scelto nel cielo, capace di rendermi felice in eterno. La tua adozione non mi occorre, perciò ho per padre il mio Dio, che mi dà la forza di stare così calma e tranquilla davanti alle tue minacce che non potranno separarmi da Lui, che mi aspetta con questi miei cari genitori al premio eterno, riservato ai suoi fedeli ».
Chiesa di S.Domenica in Longobardi
Le parole di Domenica dette con cuore e con forza virile, sdegnarono grandemente l'Imperatore il quale su tutte le furie, diede ordino che i tre seguaci di Cristo venissero subito trascinati per la città, ad essere colpiti da fierissima frusta, nei crocicchi e nei luoghi più frequentati. Questo supplizio era grandemente vergognoso per i nobili di nascita, ma i nostri martiri, benchè grondanti sangue per le battiture ricevute, lo sopportarono fortemente e giocondaimente, felici di aver dato testimonianza della santità e della divinità di Gesù Cristo. Sotto la tempesta di tanti colpi benedicevano il Signore che li aveva resi degni di patire per Lui un tormento di tanta infamia, e un'infamia, di tanto tormento. continua